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Video intervista alla libreria spazio cultura di Palermo

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PROLOGO

 

Si narra che il califfo Omar dopo aver sconfitto i Bizantini nella Battaglia di Eliopoli, volse la sua attenzione verso Alessandria e quando le sue armate arabe entrarono nella città, il califfo ordinò l'incendio della grande biblioteca dopo aver così sentenziato: «Se i libri sono in accordo con il Corano, sono inutili; se in disaccordo, sono pericolosi». L'aneddoto, ancorché celebre, è apocrifo ed è in contrasto con quello che per secoli è stata la civiltà islamica: il faro intellettuale del Mediterraneo.

Nello stesso momento in cui l'Europa cristiana annaspava faticosamente per uscire dal buio del Medioevo e a Bisanzio venivano meno la voglia e la forza di creare cultura, di coltivare la libera investigazione, la filosofia, l’apprendimento, nella civiltà islamica invece fioriva la conoscenza.

Non ci fu campo del sapere dalla teologia alla filosofia, alla matematica, alla logica, all'astronomia, alla geografia, alla medicina ed anche all’immortale gioco degli scacchi in cui i musulmani non conseguirono un incontestabile primato rispetto a tutte le altre civiltà. Poi, a partire pressappoco dal XIII secolo, la luce, lentamente ma inesorabilmente, incominciò a spegnersi.

Salman, un ricco emiro dell’Oman, s’interroga, inseguendo sogni e storie fantastiche sui motivi di questa decadenza ed è attraverso il gioco degli scacchi che proverà a inaugurare un nuovo rinascimento islamico, ma per farlo avrà bisogno del genio, della sregolatezza e della fantasia di un giovane scacchista palermitano, Rodolfo, una promessa, un Candidato Maestro, una speranza della federazione, una vita malamente spesa in attesa dell’occasione che lo possa finalmente consacrare.

Prefazione Andrea Taffi

PREFAZIONE

 

Gli scacchi sono, una volta di più, il telaio

Andrea Taffi

 

Le storie di Sala hanno un fascino, il fascino del racconto; e ci piace leggerle come fossimo bambini davanti a una fiaba. Quasi inconsapevolmente ne percepiamo le suggestioni e la perfetta alchimia di personaggi e di luoghi; di una scrittura leggera, nel significato che Italo Calvino le dà nelle sue Lezioni americane; di simboli autentici, che traggono dalla realtà, spesso squallida e brutale, la loro forza evocativa.

La scacchiera d'oro del secondo avvincente romanzo di Stefano Sala è uno di questi simboli, è il totem attorno al quale cresce il seme del riscatto. Il riscatto di Salman, il giovane principe arabo che vuole riportare il suo popolo all'originario ruolo guida nel gioco degli scacchi. Il riscatto di Rodolfo, il giovane delinquentello dello ZEN di Palermo, una specie di moderno picaro, che negli scacchi cerca la strada per affrancarsi dalla miseria materiale e spirituale alla quale sembra destinato, per famiglia e cultura.

Gli scacchi sono, una volta di più, il telaio col quale Sala tesse la sua storia, scansando ad arte i luoghi comuni e le banalità che circondano il gioco dei re, e ricorrendo, invece, a metafore fresche, di una forza propulsiva e propositiva capace di avvincere.

Altro ingranaggio del meccanismo perfetto che muove il romanzo, è Palermo, la città che per storia, cultura, tradizioni e luoghi belli e suggestivi, ma che possono essere anche squallidi e miserevoli, è l'unica che poteva accogliere non solo il cuore, ma anche l'anima dello sviluppo narrativo di questo romanzo.

Sala è un cantastorie che si sposta nelle piazze della narrativa italiana, e che, con tutto il suo prezioso armamentario, fatto d’immagini e colori saturi, racconta le sue storie a un pubblico che lo ascolta a bocca aperta. I suoi messaggi, i suoi simboli e le sue metafore li nasconde con la pura arte del narrare, proprio come un prestigiatore ci nasconde i suoi trucchi con la sua abilità manipolativa o un abile cuoco fa scomparire gli ingredienti con la loro sapiente amalgama.

Sala racconta, dunque, e noi lo ascoltiamo, agganciati dal bellissimo incipit del romanzo e poi, via via, letteralmente ipnotizzati dal susseguirsi incalzante di vicende che, per tecnica narrativa e atmosfere, anche esotiche, ricordano quelle di Eric Ambler nel suo celebre romanzo “La luce del giorno”.

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